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Caratteri essenziali e contributi di base all’elaborazione dell’approccio trasformativo nella gestione dei conflitti (2022)

In occasione del Tea Break di giugno 2022, Carlo Mosca ha ripreso i concetti essenziali dell’approccio trasformativo, sottolineando da cosa è stato generato e quali sono stati i grandi filoni di pensiero cui è tributario. E quali sono le principali differenze con altri approcci (in particolare con quello c.d. problem-solving).

Da Carl Rogers a Morton Deutsch; dalle esperienze dei T-groups a Richard Walton… giungendo ad un rivoluzionario ripensamento dell’atteggiamento richiesto ad un terzo che interviene in un conflitto altrui.

Qui le note dell’intervento: 20220614 MOSCA traccia per AMT teoria TM

La registrazione video dell’incontro è disponibile sul canale YouTube AMT. Qui gli highlights. Qui invece la traccia completa.

 

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Il percorso di crescita del mediatore (2022)

In occasione del Tea Break di settembre 2022 abbiamo parlato del percorso di crescita del mediatore.

Dalla formazione iniziale, alla consapevolezza che caratterizza i mediatori più ‘navigati’.

Ha condotto: Rita Barbarotto avvocato e mediatrice di Venezia

In particolare, interessante il racconto di Carlo Mosca che – come molti altri – è transitato dal modello facilitativo problem-solving a quello trasformativo.

Si è poi toccato il tema dei requisiti che vengono richiesti, in particolare in Italia, ai mediatori e di come sia sconsolantemente povera la prospettiva basata sui soli requisiti formali esatti dal sistema del decreto 28.

La registrazione video dell’incontro è disponibile sul canale YouTube AMT. Qui gli highlights. Qui invece la traccia completa.

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Diverse prospettive culturali in conflitto: un caso studio di G. Woolf (2022)

In occasione del Tea Break di luglio 2022 abbiamo parlato di distanze culturali.

Gradito ospite è stato il prof. Geoff Woolf, Dean (preside) del dipartimento di Humanities and Sciences e professore di letteratura al Cincinnati State College in Ohio. Da membro della facoltà, Geoff è stato capo negoziatore e responsabile dei contratti per il sindacato dei docenti. In tale veste ha negoziato una decina di accordi collettivi. Ha inoltre lavorato per una quindicina d’anni come mediatore – adottando sia un approccio facilitativo che trasformativo – in liti all’interno delle organizzazioni e familiari. È membro del board dell’ISCT. Ha pubblicato 4 libri di poesie, l’ultimo nel 2020.

Come sopra accennato, il tema affrontato da Geoff è stato quello della diversità di background (e aspettative) che spesso caratterizza le pari in conflitto. Geoff ha raccontato un recente caso nel quale questo divario è emerso in tutta evidenza mettendo a dura prova la neutralità del mediatore e facendolo riflettere su come il conflitto si sviluppi inevitabilmente laddove, semplicemente, le parti hanno modi diversi di esprimersi.

È stato sottolineato, al riguardo, come l’approccio trasformativo appaia il più indicato per rendere alle parti un servizio utile ed evitare che l’intervento del mediatore si traduca in una riproposizione di un dato modello culturale, a discapito di altri.

La registrazione video dell’incontro è disponibile sul canale YouTube AMT. Qui gli highlights. Qui invece la traccia completa.

Il “primo incontro” di mediazione (2022)

A distanza di un anno e mezzo dal Tea Break tenuto sul tema (nov. 2019) siamo tornati a parlare del c.d. “primo incontro” di mediazione, in occasione del tea Break di maggio 2022.
Per capire di che parliamo, rinviamo al post pubblicato qui.

‘incontro è stato curato da Cristina Menichino sulla scorte della seguente traccia:

  • Cosa dice il mediatore quando si presenta (non è scelto dalle parti, ma dall’organismo)
  • Il mediatore, prima dell’incontro preliminare, telefona agli avvocati delle parti o scrive?
  • Come interviene il mediatore se un parte sta in silenzio o parla solo il suo avvocato
  • Come interviene il mediatore quando una parte o il suo avvocato non crede nella efficacia della mediazione
  • Come si sente il mediatore se le parti non procedono e quali interventi fa
  • La differenza tra un primo incontro live o online

La registrazione video dell’incontro è disponibile sul canale YouTube AMT. Qui gli highlights. Qui invece la traccia completa.

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Mediazione e contratti internazionali

Il 10 maggio 2022 Carlo Mosca ha tenuto una guest lecture all’Università di Bolzano, nell’ambito del corso sui contratti curato dalla prof. Laura Valle. Il titolo era “E se provassimo a trattare?” La mediazione come strumento di gestione di problematiche relative a contratti

Nell’occasione è stato esaminato un caso di controversia – gestita in mediazione – relativa alla chiusura di un contratto internazionale di concessione di vendita.

I temi di carattere generale toccati sono poi stati i seguenti:

  • autogestione dei conflitti commerciali vs intervento di terzo;
  • mediazione e altri metodi;
  • tradizioni e scuole di mediazione;
  • la prospettiva internazionale;
  • esiti della mediazione alla luce della normativa contrattuale e della nuova Conv. di Singapore

Il tutto in una prospettiva trasformativa.

 

Il mediatore ed il “contesto”

In occasione del Tea Break di aprile (2022) abbiamo parlato di “contesto”, in mediazione e di come debba questo essere considerato dal mediatore.

Lo spunto per la discussione era stato generato da Vanessa Spoladore, che ha condotto l’incontro presentandolo così:

“Ogni individuo che entra in relazione con altri porta con sé il suo “mondo” fatto di credenze, vissuti, valori, linguaggi, aspettative, visioni ecc…, ogni conflitto o crisi di relazione si inserisce in uno specifico e particolare contesto dato dall’interazione di questi mondi che condiziona il modo di essere in relazione ed è a sua volta condizionato dal comportamento (azioni e reazioni) dei partecipanti, per cui il contesto non è immutabile ma è sempre in continuo cambiamento. Essere con le parti “qui e ora” significa anche saper prestare attenzione al contesto? Quanto conta il contesto per le parti che vivono una crisi di relazione? La mediazione richiede uno specifico contesto o può essere fatta in qualsiasi contesto?”

Qui il link agli highlights (circa 6′) e alla registrazione completa (circa 1 ora).

 

Intanto una precisazione terminologica: cosa deve intendersi per ‘contesto’?

La definizione condivisa è quella, canonica, di

situazione in cui si svolge l’atto comunicativo”, e quindi ”l’insieme di conoscenze, credenze, presupposizioni, condivise da chi fa e da chi riceve una comunicazione, che guidano la comprensione dell’atto comunicativo” (Treccani online).

Per quanto ci interessa, il contesto è quindi, in una sessione di mediazione la realtà co-costruita dai partecipanti alla discussione (mediatore incluso, ovviamente), sulla scorta delle rispettive narrative.

La nozione è rilevante perché coglie l’aspetto del qui & ora che ci è particolarmente caro, come mediatori trasformativi: il contesto, in questa accezione, varia costantemente e designa, in parole povere, la situazione come si svolge via via il confronto dialettico procede. In ciò il contesto è un unicum irripetibile perché dettato dalla contingenza che non è mai eguale a sé stessa.

Va detto, peraltro, che nel corso dell’incontro è emerso anche un altro modo di intendere il contesto, vale a dire contesto come situazione tipizzata (es. “… nel contesto delle mediazioni demandate, rispetto al contesto delle mediazioni familiari, o condominiali, … succede che…”). Si tratta evidentemente di un’astrazione che facilita la categorizzazione di episodi singoli rilevati dall’esperienza. L’operazione presenta dei suoi aspetti positivi, in quanto permette (o illude di permettere) l’identificazione di tratti comuni a situazioni per definizione diverse (es. “nelle mediazioni familiari entrano in gioco aspetti di relazione personale, … e quindi non è mai solo questione di soldi”); ma pure aspetti controproducenti, in quanto rischia di eliminare le differenze e rischia di creare pregiudizi e indurre ad un approccio macro, piuttosto che focalizzato su quello che accade nel qui & ora (es. “… e quindi non è mai solo questione di soldi”).

Comunque sia, la discussione si è poi focalizzata su che rilevanza il mediatore debba dare al contesto. È stato al proposito ricordato che uno degli obiettivi primari, nella pratica trasformativa, sia quello di caratterizzare la mediazione come occasione, per le parti interessate al conflitto, di avere una conversazione costruttiva su questo (o meglio, sulle questioni che esse scelgono di discutere).

In tale prospettiva, è chiaro come il mediatore trasformativa non solo possa, ma debba, intervenire nel contesto al fine appunto di supportare le parti nel senso indicato (per inciso ciò rende palese come la pratica trasformativa preveda un intervento senz’altro proattivo del mediatore). Essere non-direttivi, non significa essere inerti, anzi (significa solo non spingere le parti nella direzione che il mediatore ritiene giusta, piuttosto che seguirle nella direzione che esse stesse si determinano a seguire, nel corso del confronto).

Aver attenzione al contesto si traduce, in tale prospettiva, per il mediatore (i) nell’osservare e seguire attentamente lo scambio dialogico che avviene avanti a lui/lei (c.d. “ascolto profondo”), (ii) nel valutare quindi che tipo di intervento sia opportuno fare e (iii) nel farlo, non appena le circostanze lo consentono. È la triade attending-monitoring-responding che insegniamo nei corsi base:

  • osservare come si svolge l’interazione (attending) lasciando spazio alle parti
  • prima di intervenire, pensare cosa si vuole determinare e se questo è conforme all’orientamento scelto (monitoring)
  • essere reattivo alle richieste delle parti (responding). In senso trasformativo:

Lo schema è ovviamente utilizzabile da qualsiasi mediatore che desideri essere consapevole (di quel che fa e degli effetti che i suoi interventi producono), indipendentemente dall’approccio adottato. In quello trasformativo, naturalmente, la cura è di porre in essere interventi finalizzati a supportare il processo di empowerment e di recognition, e non ad altro (es. fare in modo che le parti raggiungano un accordo, o si riconciliano, o che una si scusi, …).

Nel corso della discussione si è pure accennato a due atteggiamenti, tipici di approcci diversi da quello trasformativo: (i) l’entrare in sintonia con le parti – o meglio, come s’è detto, essere ‘coerenti’ con il contesto – e (ii) raccogliere informazioni che permettano di capire meglio in contesto.

Per quanto riguarda il primo – entrare in sintonia (matching)? – è evidente che per la maggior parte delle persone (e quindi anche dei mediatori) è un naturale (e biologicamente funzionale) tentativo di adattamento alla situazione al fine di renderla socialmente praticabile. Banalmente, ad un sorriso, tendiamo a rispondere con un sorriso, e così via… Si tratta di un bagaglio di micro-reazioni che caratterizzano ogni interazione umana. Sin qui nulla di male, anzi. Il punto è che il matching non può costituire una preoccupazione primaria del mediatore, almeno nel modello trasformativo. Anzi, s’è visto come questi sia chiamato a perseguire l’obiettivo del supporto di empowerment e recognition, e l’acquiescenza ad un contesto dato può risultare un fattore disturbante al riguardo. Ben diversa è la situazione in modelli direttivi, che non a caso insegnano come il matching (ed il conseguente ricorso all’empatia) sia fondamentale per la costruzione di un ’rapporto’. Questo infatti è basilare per poter poi mettere in atto le strategie (essenzialmente persuasive) che caratterizzano l’azione del mediatore.

Pure per quanto il secondo – ‘conoscere meglio’ il contesto? -valgono le considerazioni fatte. In modelli diversi da quello trasformativo (segnatamente in quelli di scuola facilitativa problem-solving) conoscere significa, per il mediatore, poter poi identificare interessi inespressi e (possibilmente) prospettive e soluzioni sino ad allora inesplorate. A questo servono sostanzialmente le domande e le sessioni individuali (ed in genere tutta la c.d. fase di ‘esplorazione’), in un’ottica che viene definita “macro”, nel senso che tiene conto di tutti i vari elementi del caso, nel suo complesso. Nel modello trasformativo, per contro, raccogliere informazioni diverse da quelle immediatamente percepibili dall’interazione stessa, per come si svolge, non ha gran senso. Il mediatore trasformativo non va in cerca di soluzione e non elabora mentalmente una sua agenda, ma segue il dialogo per come le parti vogliono tenerlo, punteggiandolo di interventi volti a sostenere il processo di presa di coscienza e deliberativo.  È un’ottica che viene definita “micro”, in opposizione a quella sopra descritta e non richiede la raccolta di informazioni quanto piuttosto l’attenzione a quanto emerge nel momento.

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Il mediatore “esperto”

Il Tea Break di gennaio 20221 ha toccato il problema, ricorrente, del grado di conoscenza della ‘materia del contendere’ richiesto al mediatore.

Come noto, secondo molti è opportuno che una certa qual conoscenza vi sia. Altrimenti – si sostiene – il mediatore non è in grado di seguire la discussione e, soprattutto, di offrire agli interessati un contributo minimamente utile in termini di suggerimenti e/o soluzioni. Tale esigenza è sentita soprattutto dai mediatori che interpretano il loro ruolo in tal senso (offrire suggerimenti e/o aiutare le parti a trovare soluzioni), ma anche da coloro che ritengono che così il ruolo del mediatore venga in qualche modo ‘protetto’ e reso più credibile (che figura ci faccio se mostro di non capire quel di cui si discute?).

Una particolare declinazione di questa expertise minimale è riscontrabile nell’idea diffusa che il mediatore debba comunque ‘saperne qualcosa’ di diritto (inspecie operando nel contesto del decreto 28/2010, che richiede la dimestichezza da parte del mediatore con qualche passaggio ‘legale’ – la produzione di un verbale, la verifica deipoteri delle parti, …).

Nella pratica trasformativa, invero, tali esigenze non vi sono; anzi, il dare consigli o suggerire soluzioni è considerate pericolosa espressione di atteggiamento direttivo, che mina l’autodeterminazione delle parti. Deve/può essere quindi il mediatore, almeno in quest’ottica, ‘ignorante’?

Chi vuole farsi un’idea del dibattito che ne è scaturito, dia un’occhiata agli highlights vada qui.

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Dea Inanna ridotto

La dea Inanna e l’archetipo del conflitto

Il Tea Break di dicembre 2021 è stata l’occasione per approfondire una figura poco conosciuta, la dea sumera Inanna (o Innin).

La nostra socia Cristina Menichino, presentando il suo recente lavoro sull’argomento, ci ha guidati in un viaggio che prende le mosse millenni fa, quando emerse in Mesopotamia (ad Uruk, in particolare) il culto di una figura femminile – Inanna, appunto – poi conosciuta tra gli assiro-babilonesi come Ishtar e fra i Fenici come Astarte.

La modernità di Inanna è data dal suo carattere molto ‘umano’, per essere preda di passioni sublimi, ma anche distruttive. Come il conflitto, in fondo…

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Il Ministero al lavoro sulla riforma Cartabia – la posizione di AMT

Al lavoro sui decreti delegati

La disciplina della mediazione di cui al decr. 28/2010 è all’esame del legislatore (delegato).
Dopo l’adozione, infatti, nel novembre scorso della legge 206/2021 (c.d. riforma Cartabia sulla giustizia civile – su cui avevamo scritto qui.), è in corso la fase di elaborazione, in sede di Ministero della Giustizia della bozza del decreto legislativo d’implementazione (o dei decreti, se ci decide di procedere per macroargomenti).
Lo scorso gennaio il Ministero ha organizzato ben sette gruppi di lavoro, avvalendosi di professionalità esterne. Il primo gruppo (11 persone, composto da professori universitari, avvocati e giudici) si sta dedicando proprio alla materia che ci interessa.
Il testo della legge delegata lo potete scaricare qui: L_206-2021_Riforma_processo_civile.

Linee di indirizzo

In sunto, le linee di indirizzo sono le seguenti (espresse in 19 punti all’art. 1.4):
– riordino e potenziamento incentivi fiscali
– revisione dei costi (oggi fissati da tariffe ministeriali)
– realizzazione di un Testo Unico relativo agli strumenti ADR;
– allargamento dell’area delle materie per le quali l’attivazione di una mediazione è condizione di procedibilità per l’eventuale azione giudiziaria;
– misure per favorire/richiedere la partecipazione personale delle parti interessate;
– revisione della formazione richiesta a mediatori e docenti di mediazione;
– revisione dei criteri per l’accreditamento delle organizzazioni interessate a operare come “organismo di mediazione”;
– incentivazione del numero delle mediazioni mandate dal giudice in corso di giudizio;
– incentivazione della mediazione familiare.

La posizione di AMT

Le linee di riforma ed i possibili sviluppi sono stati discussi nel tea Break di febbraio 2022. La registrazione la potete vedere qui:

parte I – sulla formazione del mediatore

parte II – sui costi della mediazione

parte III – sulla presenza personale delle parti e sulla mediazione demandata dal giudice.

AMT ha quindi fatto pervenire al Ministero delle sue note. Le potete leggere qui: 20220221 AMT lett al Ministero su riforma Cartabia

Non siamo andati sui dettagli – anche perché la legge-delega non lascia molti margini. Abbiamo, piuttosto, ritenuto opportuno ricordare l’importanza di alcuni principi fondanti. Questi dovrebbero caratterizzare le politiche d’intervento pubblico in questo settore:
– il rispetto del principio di autodeterminazione, in primo luogo (sul tema v. qui);
– la cautela nel trattare la mediazione solamente sotto un profilo procedurale.
Purtroppo mancano totalmente, nel gruppo di lavoro, professionisti che non siano di formazione giuridica. Sarebbe stato auspicabile una loro inclusione, anche solo per dare al legislatore la possibilità di considerare punti di vista diversi da quello offerto dai giuristi.

I componenti il gruppo di lavoro peraltro sono tutte persone di notevole spessore, molte con esperienza specifica in tema di mediazione. Contiamo quindi nella loro sensibilità e accortezza.

Il loro contributo sarà importante, non solo per ragioni astratte, ma anche per ragioni pratiche. La mediazione ex decr. 28/2010 infatti – nonostante strutturi, all’evidenza, una particolare procedura avente specifici obiettivi (quello di deflazionare il carico dei lavoro dei giudici, in primis) – di fatto rappresenta una fetta rilevantissima delle mediazioni che si tengono in Italia. Il modo in cui essa viene strutturata dal regolatore impatta, quindi, in generale sul modo in cui alla mediazione (generalmente intesa) viene offerto spazio per concretamente essere praticata ed affermarsi presso l’utenza.

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