Il 12 maggio, in occasione del nostro Tea Break abbiamo parlato di strategia CC (Constructive Conversation) È intervenuta Judy Saul responsabile del Mediation Center di Ithaca NY (US), membro del board e fellow dell’ISCT.
Il 12 maggio, in occasione del nostro Tea Break abbiamo parlato di strategia CC (Constructive Conversation) È intervenuta Judy Saul responsabile del Mediation Center di Ithaca NY (US), membro del board e fellow dell’ISCT.
Incontro con M Claudia Perego e Mario Dotti sul loro nuovo libro “Dalla contesa all’intesa. Strategie vincenti per l’avvocato efficace in mediazione”.
In occasione del nostro Tea Break del 14 luglio 2020, abbiamo avuto come ospite Baruch Bush. Il discorso s’è allargato… (il video non riproduce i primi minuti… sorry)
In sede UNI è stato recentemente elaborato un progetto di “prassi di riferimento” in tema di mediazione ex decreto 28/2010.
Di per sé l’iniziativa nn sarebbe disdicevole, se contribuisse ad elevare il livello qualitativo dell’offerta di mediazione nel nostro Paese.
Il problema è che nei contenuti, il progetto appare inaccettabile. Eccolo qui: 20200415 UNI, pdr_consultazionepubblica_20200531.
AMT – insieme a ADR CENTER, ASSOC. EQUILIBRIO, RESOLUTIA e QUADRA – ha fatto pervenire ad UNI delle osservazioni critiche (scaricale qui: 20200520 osservazioni a PdR UNI mediazione XX-2020).
Per ulteriori informazione vedi anche qui.
ADR QUADRA ha organizzato un corso di 6 ore (valido anche per i crediti di aggiornamento mediatori decr. 28/2010) in tema di mediazioni online.
Questa modalità, vista con notevoli sospetti sinora dai regolatori (leggi Ministero Giustizia) si è imposta come ‘normalità’ alle luce delle note restrizioni alla mobilità a seguito emergenza virus.
Il corso è indirizzato soprattutto ai mediatori (di Quadra e non) che si trovano a dover gestire mediazioni online e vogliono familiarizzarsi ulteriormente con lo strumento; agli avvocati che solitamente assistono parti in mediazione e naturalmente a chiunque sia interessato.
Nel corso degli incontri – che si terranno il 13, 15 e 18 maggio 2020 dalle 17 alle 19:00 – verrano fatte simulazioni pratiche con uso della piattaforma usata da Quadra per la gestione delle mediazione online.
Per informazioni ulteriori ed iscrizioni v. qui
In occasione del Tea Break del 14/01/2020 si è parlato di parti e avvocati in mediazione.
Per quanto riguarda le mediazioni ex decreto 28/2010, è noto come le parti debbano avvalersi di avvocati nei casi in cui la mediazione sia prevista (art. 5.1 bis) come necessario prodromo all’avvio di un’azione in giudizio, le c.d. mediazioni obbligatorie” (in realtà, come noto, la terminologia è fuorviante perché quello che viene chiesto alle parti è, in pratica, di partecipare ad un primo incontro informativo, restando libere di optare se esperire o meno la mediazione ‘vera e propria’ – sull’argomento v. qui).
L’art. 8.1 del decreto 28 prevede, infatti, che “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato” e, anche se tale previsione non lo specifica, il precetto viene interpretato come valido solo per il caso delle c.d. materie obbligatorie.
Un primo problema pratico emerso è stato quello del costo e degli oneri aggiuntivi a carico delle parti, che tale previsione rende necessari. Non si tratta di cifre irrisorie, considerato che per la maggior parte delle situazioni affrontate dai mediatori che hanno partecipato alla discussione – valutabile di valore da €25.000 a €50.000 – il costo medio per la partecipazione all’incontro informativo si è attestato sui €400 ca a carico di ciascuna parte. Laddove invece la mediazione sia stata svolta, l’esborso saliva ad almeno €2.500 e più (considerato anche il numero delle sessioni resesi necessarie).
In taluni casi è stato riportato che il costo ha fatto optare le parti per NON procedere con la mediazione.
Chiaramente si tratta di indicazioni di massima e di un campione estremamente limitato, ma è da chiedersi se la norma sia sensata e quale sia la sua vera ratio.
Al riguardo, non può credersi la ratio sia quella di assicurare una tutela adeguata alle parti, in scelte che possono incidere sui loro diritti. Non si vede infatti perché tale paternalistica attitudine dovrebbe giustificarsi in mediazione laddove non è prevista né nell’ordinaria gestione dei propri affari per via contrattuale, né nella gestione delle controversie per via arbitrale.
Neppure appare giustificato addurre giustificazioni relative alla complessità della procedura (sulla falsa riga di quanto avviene in una procedura giudiziaria). la mediazione in fatti, per definizione, è informale e certo non richiede, all’evidenza, assistenza tecnica per i pochi passaggi formali previsti (stesura e firma del verbale) lasciati alla cura del mediatore.
È da ricordare come la versione originaria del decreto 28 non prevedesse alcun obbligo di avvalersi di avvocati, neanche nelle procedure ‘obbligatorie’ e che tale previsione è stata introdotta solo nell’estate del 2013 – d.l. 69/2013 conv. in l. 98/2013 – su (sospettosamente interessata) pressione del CNF (Consiglio Nazionale Forense) e di altri organismi rappresentanti la categoria.
L’avvocato è una persona ed in mediazione partecipa alla discussione come qualsiasi altra persona presente. Pur non essendo ‘direttamente’ interessato al conflitto, né è coinvolto.
Al riguardo, tutti i partecipanti hanno riportato come tale coinvolgimento faccia sì che sono sempre osservabili nel comportamento degli avvocati le stesse dinamiche conflittuali riscontrabili nei loro clienti. Disempowerment e self-absorption e relativi shifts verso l’empowerment e la recognition.
Le mediazione ex decreto 28 costituiscono in definitiva, per il mediatore trasformativo, preziose occasioni per intervenire in conversazioni conflittuali sempre complesse (discussioni che coinvolgono almeno 4 soggetti), nelle quali spesso le linee di discorso avviate e coltivate dagli avvocati (A) si aggiungono e interferiscono con quelle avviate e coltivate dai rispettivi clienti (C). il che aumenta notevolmente la complessità delle interazioni osservabili: C1-C2; C1-A1; C1-A2; C2-A1; C2-A2; A1-A2; …
Uno dei casi riportati come frequenti è quello in cui il “discorso legale” occupa gran parte, se non tutta, della totalità delle interazioni che avvengono in una sessione. In altri termini, questo si dà quando gli avvocati monopolizzano sostanzialmente la discussione, tenendola in particolare su questioni ‘legali’ e comprimendo o limitando la partecipazione dei loro clienti alla conversazione. Nell’ottica del mediatore trasformativo, questo può essere un fattore che impedisce che il confronto si trasformi da distruttivo in costruttivo.
Il mediatore deve peraltro sempre ricordarsi che il suo ruolo è quello di supportare le parti nelle loro scelte, non guidare le stesse o ‘stimolarle’ in modo direttivo. Particolarmente utili appare in tali casi il ricorso alla tecnica del checking-in, vale a dire far riflettere le parti sul fatto se ritengono o meno che la conversazione, per come sta avvenendo, sia loro utile.
L’avvocato non è mai ‘ingombrante’ (idea che spesso coglie i mediatori che tendono a far raggiungere alle parti un accordo…)
Altro aspetto interessante è dato infine dalla relazione cliente / proprio avvocato. Al riguardo sono state molte le esperienze riportate in tema di:
In occasione del Tea Break del 12/11/2019 si è parlato del c.d. “primo incontro” di mediazione, da qualche anno un passaggio obbligato per la più parte delle mediazioni (almeno di quelle che si svolgono ex decreto 28/2010)
Di che si tratta?
L’art. 8 del decreto 28/2010 prevede (nel testo così modificato dall’art. 84(1)(h), d.l. 69/2013) che “All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. […] Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
L’art. 5.2 bis specifica poi che “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”.
Si consideri che l’art. 8.1 pure prevede che “Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato” anche se tale previsione viene interpretata some valida solo per il caso delle c.d. materie obbligatorie, cioè quelle previste 5.1bis del provvedimento per le quale l’esperimento della mediazione è prevista come necessariamente propedeutica all’avvio di un’azione giudiziale.
Relativamente a tali previsioni normative – invero non chiarissime – si è sviluppato un acceso dibattito e si sono affermate prassi difformi. La discussione specie a livello dottrinale e giurisprudenziale si è, invero, più che altro concentrata su questioni relative alla connessione fra mediazione e processo, sostanzialmente:
ma sono pure emersi temi più ‘sostanziali’…
Una delle questioni ‘pratiche’ più rilevanti, emerse dalla pratica di questi ultimi anni, attiene alla portata dell’impegno richiesto al mediatore:
Deve questi limitarsi a illustrare cos’è la mediazione e raccogliere il consenso o meno delle parti a proseguire ovvero deve far tutto il possibile affinché le parti “entrino” effetivamente in mediazione?
Il tutto a fronte dell’eseguità delle tariffe destinate a remunerare sia l’organismo che il mediatore. Queste, infatti, oggi fortemente limitate amministrativamente nel loro ammontare – €40 ovvero €80 a carico di ciascuna parte sostanziale, a seconda che il valore della controversia sia inferiore o meno ad € 250.000 (art. 16 d.m. 180/2010) – specie nei casi in cui il primo incontro si protragga nel tempo. Il mediatore inoltre spesso nulla riceve dall’organismo (unico soggetto abilitato a ricevere del denaro dalle parti) laddove la mediazione non prosegua.
Non sono stati infrequenti casi di degenerazione, che talora hanno fatto legittimamente pensare a malafede, con parti (o loro legali) che effettivamente impegnano il mediatore in una mediazione di ore, pur non avendo dato (ed il mediatore raccolto) un espresso consenso, alla fine sostenendo in caso di mancato raggiungimento di un’intesa, di nulla dovere all’organismo (e quindi al mediatore) sulla scorta propria dell’assenza di un espresso assenso a proseguire.
Nei fatti ed in generale (a prescindere cioè dal fatto che il mediatore sia trasformativo o no, o che si versi o no in mediazioni ‘obbligatorie’), il c.d. “primo incontro”, collocando volutamente avanti al mediatore la fase di costruzione del consenso se esperire o meno la mediazione, ha flesso in modo peculiare la normale prassi secondo la quale tale consenso viene ricercato (ed eventualmente ottenuto) prima che la mediazione vera e propri inizi. Ciò ha comportato inevitabilmente un impegno del mediatore che di regola difficilmente si limita ad un’asettica registrazione degli intendimenti delle parti e rischia di non essere compensato (se non nei casi in cui la mediazione procede e prevede un compenso sufficiente, tale da ‘assorbire’ anche l’attività del primo incontro).
In un mondo ideale, tale sensibilizzazione dovrebbe avvenire soprattutto a carico dei legali di parte (art. 4.3, decreto 28: “All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali…”) e come effetto di un’informazione al pubblico a cura del Ministero di Giustizia (art. 21, decreto 28: “Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo”).
Ma così oggi ancora non è.
Altro aspetto interessante attiene al ruolo giocato dai legali di parte, specialmente (ma non esclusivamente) laddove la parte da questi rappresentata non sia personalmente presente. Che tipo d’interazione può utilmente svilupparsi?
* * *
In occasione del tea break, partecipato da parecchi soci AMT (ma anche da qualche non socio) si sono scambiate le esperienze fatte ed i problemi incontrati nel ‘primo incontro’.
Ecco una serie di indicazioni pratiche che, alla luce di quanto discusso, possono tornare utili ai mediatori L’elenco è necessariamente sintetico e molto probabilmente non esaustivo:
Al fine di evitare fraintendimenti quanto alla portata del primo incontro e relativi compiti in capo al mediatore…
… pare consigliabile che lo stesso (come pure anche organismo gestore) sia estremamente chiaro sulla piena libertà di scelta che le parti hanno di proseguire o no nella mediazione. Il ‘primo incontro’ costituisce un’importante occasione per poter assumere decisioni informate, in autonomia. Sotto questo profilo “il primo incontro è mediazione”.
Il mediatore trasformativo cercherà quindi di supportare le parti in questo processo decisionale, dando loro empowerment ed aiutandole a chiarire gli aspetti che magari non solo loro stati spiegati (es. implicazioni, costi, modalità di gestione del confronto, ruolo del mediatore, …).
Non vi sono controindicazioni al fatto che tale opera di supporto possa essere in parte svolta anche in occasione di contatti informali precedenti lo stesso primo incontro (es. con contatti telefonici o incontri di chiarimento presso i legali). Inevitabilmente tale impegno prende del tempo e rischia di non esser remunerato adeguatamente; ma stante l’attuale impianto legislativo e regolatorio, ciò appare uno scotto inevitabile.
Una cosa è certa: nel modello trasformativo, il mediatore non deve spingere o consigliare le parti, ma solo supportarle nel loro processo decisionale. Il mediatore deve ricordarsi che non è a conoscenza di tutti i pro e contra che possono far andare la decisione da una parte o l’altra. Solo le parti (e forse, i loro avvocati) li conoscono. Può non essere ancora il momento giusto per mediare, come pure le parti semplicemente possono non aver voglia di farlo.
Ogni scelta va rispettata (e il mediatore non può farsi condizionare da proprie impressioni o da un generale favor che inevitabilmente egli riserva allo strumento – per non dire ovviamente di venali interessi propri).
Dipende dall’idea che il mediatore s’è fatto quanto al livello d’impegno richiestogli/le dalla legge…
Se ritiene questo non ricomprenda alcuna discussione sul merito, allora per quanto facile possa essere nei fatti traslare in tale territorio, il mediatore cortesemente ricorderà alle parti che ciò può esser fatto solo dopo aver preliminarmente deciso se esperire la mediazione. Intendiamoci, nulla vieta alle parti ed ai loro legali di discutere nel merito, ma nulla obbliga in tal caso il mediatore a fornire il suo supporto. Ricordare tali presupposti non significa esser direttivi.
Se il mediatore è invece disponibile ad assistere le parti anche nella discussione sul merito anche prima che decidano se esperire la mediazione, allora sappia che rischia di farlo pro bono.
Tralasciando gli aspetti di regolarità formale che qui non interessano, chiaro è che la mediazione, nell’ottica trasformativa, avviene ‘qui ed ora’…
… vale a dire fra le persone che tra loro interagiscono (possono in certi casi farlo da remoto, anche se ciò comporta qualche problema inevitabile di comunicazione). Quindi che un presente sia parte, avvocato, altro consulente o accompagnatore della parte poco rileva.
Nel modello trasformativo, questa domanda ha poco senso…
… visto che modi e tempi di conduzione di una sessione di mediazione li decidono le parti, non il mediatore. È certamente quindi possibile che vi siano occasioni in cui le parti si ritirano in stanze separate, con o senza il mediatore, se le parti lo desiderano (cosa che peraltro non avviene così di frequente). Che sia consigliabile, certo non dev’esser preoccupazione del mediatore.
Ciò è perfettamente comprensibile in molti casi…
… La cosa, quindi, di principio non dovrebbe porre problemi al mediatore trasformativo, anzi è indicatore che un certo processo decisionale è in atto e che quindi l’intervento del mediatore può esser stato utile. Certamente, da un punto di vista pratico – stante il ricordato attuale assetto normativo – ciò può comportare un impegno ulteriore per il mediatore e l’organismo (ri-fissazione di altro incontro, …).
Se nei fatti la richiesta non eccede i limiti del buon senso (sono decisamente rari i casi in cui il ‘primo incontro’ venga aggiornato per più di una/due volte) tale impegno addizionale può esser considerato, anche se talora a malincuore, alla stregua di quello richiesto dal sistema per il singolo primo incontro.
Pur non essendo questo un tema direttamente interessante l’approccio adottato trasformativo o meno dal mediatore…
… se n’è discusso vista la relativa frequenza riscontrata, sia nei casi in cui le parti localizzate geograficamente a distanza dal luogo di riunione, sia nei casi in cui è noto o molto probabile che le parti chiamate non si presentino (e sia quindi inutile scomodarsi per presenziare all’incontro).
Va tenuto presente che la regola primaria al riguardo è quella posta dall’art. 8.2 decr. 28: “Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo” da leggersi insieme a quella prevista all’art. 16.3 relativamente ai requisiti che deve avere il regolamento di procedura predisposto dall’organismo: “Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati.”
Proprio alla luce di quanto previsto dalla seconda regola qui ricordata, il Ministero di Giustizia ha adotta al riguardo un atteggiamento estremamente restrittivo, considerando in primo luogo come telematica qualsivoglia modalità di svolgimento che non avvenga fra presenti (es. anche per telefono, quindi) e prevedendo che tale modalità telematica debba svolgersi esclusivamente tramite piattaforma incorporata nel sito web dell’organismo come dominio di secondo livello, rispondente a tutta una serie di parametri di sicurezza.
Non solo, il Ministero è giunto a prescrivere come debba svolgersi la predisposizione del verbale da parte del mediatore:
No comment.
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