Di riassunto abbiamo parlato in occasione dei Tea Breaks di-
- dicembre 2020 (la registrazione dell’incontro la si trova qui). e
- marzo 2022 (la registrazione è qui – per chi vuol andar velocissimo, gli highlights sono disponibili qui.)
Di riassunto abbiamo parlato in occasione dei Tea Breaks di-
Il modello trasformativo confrontato con quello facilitativo / problem-solving.
Il tema è stato oggetto di una stimolante conversazione organizzata e condotta da Silvana Dalla Bontà, dell’università di Trento, nota ai nostri lettori perché da anni infaticabile animatrice di un dibattito intorno alla mediazione.
Carlo Mosca (per il modello trasformativo) e Maurizio di Rocco (per quello facilitativo / problem-solving) hanno risposto ad una serie di domande, dalle quali sono emerse le maggiori differenze tra i due approcci.
Chi vuole vedersi il video registrato, può andare qui.
Ne è uscita la discussione che potete seguire qui – vai il video qui.
Tutto nasce da alcuni di quesiti sottoposti da una socia:
Un altro socio ha così risposto:
Punto 1.
Il decr. 28 come sai si limita a dire che il mediatore attesta chi fra i presenti non può sottoscrivere. Il ministero s’è inventato il famoso meccanismo di invio + firma (digitale o autenticata) il tutto mitigato dalla misura COVID relativa all’”autentica” dell’avvocato.
Punto 2.
Il mediatore dà atto che l’interessato non può sottoscrivere perché unito prima. Anche a questi viene comunque inviato il verbale per la firma di conferma (v. sopra)
Punto 3.
Ne è uscita la discussione che potete seguire qui (con l’interessante spunto dello SPID, cui nessuno aveva sinora pensato) – vai il video qui.
Il sottotitolo del tea break del 13 ottobre era “Discorsi su terzietà, pregiudizi, ortopedia a fin di bene” ed in effetti si è parlato di varie cose, tutte intorno alla (pretesa) purezza del mediatore rispetto alla situazione in cui interviene.
I partecipanti avevano varia formazione perché, oltre ai soci AMT vi erano molti ‘ospiti’, il che ha favorito, come sempre, la generazione di prospettive diverse ed interessanti.
Il punto di partenza della discussion è stato il fatto che, per definizione, il mediatore è (dev’essere) neutrale. Pochi dubbi sul fatto che tutti i mediatori seri vogliano genuinamente esserlo, evitando non solo di favorire platealmente e volontariamente un partecipante rispetto ad un altro, ma anche non dando modo di apparire di parte). Sin qui, tutto bene; e forse più che di neutralità sarebbe corretto parlare di imparzialità.
Ma….
– che succede se conosciamo bene un partecipante (e magari siamo pure suoi amici) mentre l’altro è un perfetto estraneo?
– qualcuno ci è più simpatico di un altro?
– qualcuno ci appare più debole di un altro
– una presa di posizione ci pare più ragionevole di un’altra?
– qualcosa che viene detto ci fa ricordare nostre vicende personali ed il modo in cui le abbiamo affrontate?
– qualcuno ci chiede che ne pensiamo della faccenda?
– ci accorgiamo che, anche non avendolo voluto, abbiamo fatto o detto qualcosa che poteva suonare una critica a qualcuno o un incoraggiamento di parte?
e soprattutto…
– come reagiamo quando arriviamo a pensare che, in quanto esseri umani, non potreremo forse mai essere realmente neutrali?
Un approccio trasformativo pare proteggere, per così dire, più di altri il mediatore contro i rischi di perdita di neutralità.
La pratica non-direttiva di intervento, nel rispetto del principio di auto-determinazione, risulta infatti la meno vulnerabile a ‘sbilanciamenti’ anche non voluti, ma comunque percepiti come tali dagli interessati.
Cio nonostante, non sempre le cose vanno così.
Qui il video: video Tea Break del 13 ottobre 2020
In un recente evento formativo, partecipato da alcuni soci AMT e tenuto da Carlo Mosca, si è parlato di come sia importante (e difficile) per un mediatore mantenere la priorità del principio di autodeterminazione delle parti.
Si è parlato in particolare di “agency”, vale a dire la caratteristica propria degli esseri umani (e non solo, ma limitiamoci a questi) di aver coscienza di sé e muoversi in autonomia.
Nella prospettiva trasformativa, tale qualità è considerata fondamentale, il presupposto necessario affinché un soggetto coinvolto in un conflitto possa trovare in sé le risorse per gestirlo nel modo più produttivo. Come noto, un mediatore trasformativo ha come obiettivo quello di supportare il processo di empowerment di ciascuna della parti coinvolte in una mediazione. Tale supporto, insieme
a quello dato al processo di recognition, è funzionale alla creazione di presupposti per la creazione di un confronto utile (e quindi la trasformazione qualitativa dell’interazione conflittuale – da distruttiva, quale di regola si presenta, a costruttiva).Farlo non è semplice…
Per chi non c’era (e anche per chi c’era e vuole rivedersi la parte iniziale), ecco la registrazione dei primi 30′ di corso.
Difficile trovare un mediatore nelle Pagine Gialle. Un po’ più facile su internet (ma occorre cercare). Inevitabile il passaparola.
Mettersi a fare il mediatore a tempo pieno oggi è ancora difficile. Ci riescono in pochi, per tutta una serie di motivi che abbiamo affrontato nel Tea Break (il nostro appuntamento mensile, ogni secondo martedì del mese) di settembre. In particolare s’è parlato:
1) La situazione italiana e il raffronto con altri paesi
2) Gli standards affinché un’attività possa essere considerata “professione” (e come la situazione si sta evolvendo in Italia)
3) come organizzare (sin d’ora) la propria attività?
4) certificazioni: sì, no, quali?
5) come fare promozione?
Chiacchierata fra mediatori, coordinata da Carlo MOSCA. Partecipanti: soci AMT + ospiti (Federico ANTICH, Alessandro BRUNI, Carlo Alberto CALCAGNO, Carola COLOMBO, , Giovanni MATTEUCCI, Raffaella PILERI, Tiziana ROSANIA, Paola SGARBI).
Buona visione e soprattutto in bocca al lupo per chi vuole fare il mediatore full time.
Non esser direttivi non è facile. Da mediatori – anche se convinti di non dover derogare al riguardo – subiamo il fascino di tante sirene. Con interventi di Carol Bloom di Graton, CA (US) membro del board ISCT e Dan Simon di St. Paul MN (US), anch’egli nel board ISCT oltre che fellow dello stesso.
Il Tea Break di aprile è stato dedicato al tema degli ‘shifts’, quei ‘mutamenti’ che testimoniano un cambio di prospettiva, uno scatto mentale e che sono importanti in mediazione perché sono segnali che qualcosa sta cambiando e che pure la qualità dell’interazione cambia.
Il 10 marzo, in occasione del nostro Tea Break abbiamo parlato di strategie per orientare una parte verso l’altra: la sigla EO sta per Each Other. Con intervento di Basia Solarz, di Halifax NS (CA) e membro del board ISCT – in tema di conflitti in ambito lavorativo e coaching.
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